Fotoiniziatori radicalici polimerici: proprietà e sostenibilità

Manuel Scolari – EUROSYN

I fotoiniziatori radicalici sono molecole caratterizzate dalla capacità di assorbire energia ad una determinata lunghezza d’onda. Il loro scopo è quello di generare radicali liberi, che, iniziando la reazione di polimerizzazione, portano all’indurimento del formulato. I fotoiniziatori più utilizzati nell’industria assorbono alle lunghezze d’onda dello spettro ultravioletto e chi usa questi sistemi spesso utilizza delle lampade specifiche come fonte di energia. In funzione del loro meccanismo di reazione, i fotoiniziatori si dividono in due famiglie: fotoiniziatori di tipo 1 e fotoiniziatori di tipo 2.

Fig. 1 – Reazione di Norrish di tipo 1

 

Fig. 2 – Reazione di Norrish di tipo 2

La differenza principale è che i fotoiniziatori di tipo 1 non necessitano di alcun sinergizzante (co-iniziatore) rispetto ai fotoiniziatori di tipo 2. Tra i fotoiniziatori di tipo 1 troviamo gli α-amminochetoni, gli α-idrossichetoni e gli ossidi di fosfina come il TPO, TPO-L e il BAPO. Per quanto riguarda i fotoiniziatori di tipo 2, troviamo il benzofenone e i suoi derivati come l’MBZ, il PBZ, l’OMBB e i tioxantoni (DETX e ITX) dove i sinergizzanti più utilizzati sono ammine come l’EHA e EDB che agiscono come donatrici di idrogeno, permettendo al formulato di polimerizzare.
Negli ultimi anni molte di queste molecole hanno subito peggioramenti di classificazione, non solo per la loro pericolosità intrinseca, ma anche per i sottoprodotti da esse generati.
Nelle reazioni di Norrish non si raggiunge mai una resa del 100% e le principali fonti di preoccupazione sono i fotoiniziatori non reagiti ed i sottoprodotti di reazioni parassite che, avendo la capacità di migrare, possono entrare in contatto con il corpo umano. Negli ultimi anni sono stati sviluppati una serie di prodotti più sicuri e pensati per ridurre le capacità migratorie dei sottoprodotti, tra questi troviamo benzofenoni polimerici, come il Jrcure 1515 e tioxantoni polimerici, come il Jrcure 1508 e l’α-amminochetone polimerico Jrcure 1521. Sono state inoltre sviluppate ammine polimeriche, come il Jrcure A151 o ammine acrilate come il Jrcure P-102.

Fig. 3 – Tipi di fotoiniziatori polimerici

La riduzione della migrazione si può ottenere in due modi: il primo consiste nella funzionalizzazione dei fotoiniziatori o delle ammine, rendendoli reattivi nei confronti dei radicali e diventando parte del reticolo polimerico riducono la capacità di migrare. Un altro metodo ampiamente usato consiste nell’aumentare il peso molecolare rendendo il fotoiniziatore o l’ammina un polimero. Il volume di queste molecole è significativamente più alto rispetto a quelli classici, portando i sottoprodotti a rimanere all’interno del reticolo. Tra i prodotti più sviluppati in funzione delle proprietà desiderate, possiamo trovare fotoiniziatori polimerici disposti in catene lineari, graftati o iper-ramificati. Le ammine e i fotoiniziatori polimerici sono ottimi per applicazioni dove le normative sono più stringenti, come il food packaging, dove i limiti di esposizione si misurano p.p.b. (parti per miliardo). Essendo molecole molto più grosse, hanno una velocità di reazione un po’ più lenta rispetto ai sistemi classici ma possono essere modificate per lavorare anche in sistemi a bassa energia, garantendo una maggior sicurezza e sostenibilità.

Tab. 1 – Fotoiniziatori classici e polimerici/acrilati comparati

Jiurichem è il marchio commerciale di Tianjin JiuRi Chemical Co., Ltd., un’azienda cinese con sede a Tianjin, specializzata nella produzione e vendita di fotoiniziatori, resine, monomeri e altri materiali per applicazioni fotopolimeriche e UV curing. I prodotti Jiurichem sono distribuiti in Italia da Eurosyn.

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