La variazione di peso è un indicatore valido della resistenza chimica?

Niccolò Rivato – ddchem

Le resine epossidiche sono rinomate per la loro eccellente versatilità e ottima prestazione in svariate applicazioni, dai rivestimenti industriali ai compositi avanzati. Fondamentale per il loro ampio utilizzo è l’elevata resistenza chimica, una caratteristica che garantisce durabilità e longevità anche negli ambienti più difficili. In questo articolo si pone l’accento sull’importanza della valutazione della resistenza chimica dei sistemi epossidici, evidenziando le caratteristiche chiave di un metodo corretto.

UN’ANALISI PER COMPRENDERE MEGLIO IL METODO CORRETTO DI VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA CHIMICA DI UN SISTEMA EPOSSIDICO
Le resine epossidiche si formano attraverso la reazione dei gruppi epossidici con gli agenti indurenti, da cui deriva una struttura polimerica altamente reticolata. Questa struttura reticolare fornisce una notevole resistenza meccanica e stabilità termica e, ancora più importante, la resistenza a una vasta serie di sostanze chimiche, fra cui gli acidi, le basi, i solventi e i sali. La resistenza chimica dei sistemi epossidici è influenzata da diversi fattori, come la tipologia di agente indurente utilizzato, il grado di reticolazione e la presenza di additivi e riempitivi.
Comprendere e valutare correttamente la resistenza chimica dei sistemi epossidici è essenziale per garantire le prestazioni e l’affidabilità in applicazioni complesse. Valutando in modo sistematico come questi materiali resistono all’esposizione a varie sostanze chimiche, i formulatori possono ottimizzare le formulazioni epossidiche per soddisfare requisiti specifici, a garanzia di una maggiore sicurezza, efficienza e durata dei prodotti finali. La resistenza chimica delle resine epossidiche è fondamentale in numerose applicazioni in vari settori.
Rivestimenti Protettivi: i rivestimenti epossidici sono utilizzati su superfici metalliche, pavimenti in cemento e altri substrati per proteggere dalla corrosione, dall’infiltrazione di sostanze chimiche e dal degrado ambientale, in particolare in ambienti industriali come impianti chimici e raffinerie.
Adesivi: nell’industria aerospaziale, automobilistica e navale, gli adesivi epossidici vengono scelti per la loro abilità di resistere all’esposizione a combustibili, petrolio, e altre sostanze chimiche aggressive, garantendo legami forti e duraturi.
Compositi: le resine epossidiche vengono utilizzate per la produzione di materiali compositi per applicazioni di alta prestazione, come le pale delle turbine eoliche, i componenti di aerei e le attrezzature sportive, dove la resistenza all’aggressione chimica è essenziale per mantenere l’integrità strutturale.
Applicazioni navali: le resine epossidiche vengono utilizzate per la costruzione e la riparazione di imbarcazioni, garantendo resistenza all’acqua salata, ai carburanti e ad altri prodotti chimici navali, il che è fondamentale per la durabilità e la sicurezza delle imbarcazioni. Queste applicazioni mettono in luce l’importanza della resistenza chimica nel garantire la prestazione, la sicurezza e durabilità dei prodotti a base epossidica.

LA VARIAZIONE DI PESO COME MISURA DELLA RESISTENZA CHIMICA
I test della resistenza chimica dei sistemi epossidici, basati su diversi metodi standard (ASTM D543, ASTM D1308, ISO 2812, ASTM D6943) implicano tipicamente la preparazione scrupolosa del campione secondo protocolli standardizzati (dimensioni, condizioni di polimerizzazione e altri) per garantire coerenza.

Fig. 1 – La variazione di peso durante il test della resistenza chimica indica solitamente una perdita del materiale polimerico a causa della degradazione chimica nel tempo

I campioni vengono poi esposti a varie sostanze chimiche, normalmente per immersione, con il campione completamente immerso nella sostanza chimica. Le condizioni di esposizione, fra cui la temperatura, la durata e la concentrazione delle sostanze chimiche vengono accuratamente controllate.
Dopo il periodo di esposizione, i campioni devono essere valutati per la verifica di eventuali variazioni delle proprietà fisico-meccaniche. Tuttavia, il parametro standard utilizzato per valutare la resistenza alle sostanze chimiche è la variazione di peso del campione.
L’idea alla base della variazione di peso è che il polimero, immerso in una sostanza chimica, ridurrà la sua massa nel caso in cui la sostanza chimica possa degradare il polimero nel corso del test (Fig. 1). La variazione di peso viene quindi utilizzata come indicatore diretto della degradazione del polimero: quanto maggiore è la perdita di peso durante l’esecuzione del test, tanto minore è la resistenza chimica alla sostanza.
Questo approccio è ampiamente utilizzato come metodo per valutare la resistenza chimica dei sistemi epossidici; tuttavia, esso può portare a valutazioni fuorvianti.

LA VARIAZIONE DI PESO È UN INDICATORE VALIDO DELLA RESISTENZA CHIMICA?
L’approccio della variazione di peso per valutare la resistenza chimica si basa sul principio che il polimero perda massa nel tempo a causa della degradazione chimica. Tuttavia, la degradazione chimica non è l’unico fattore che influisce sul peso del campione durante il test della resistenza chimica (Fig. 2).

Fig. 2 – La degradazione chimica e il rigonfiamento sono le due possibili fasi di degradazione del polimero. L’equilibrio fra le due fasi può determinare una non-variazione di peso fuorviante del campione durante il test

L’assorbimento delle sostanze chimiche nella matrice polimerica, fenomeno noto come rigonfiamento, rappresenta un’importante interazione polimero-chimica che normalmente aumenta la massa del campione. Il rigonfiamento è spesso la fase che precede la degradazione del polimero.
L’equilibrio fra il rigonfiamento e la degradazione chimica può determinare una variazione fuorviante del peso del campione durante il test della resistenza chimica.
A causa di questi due effetti principali, il peso di un campione potrebbe apparire invariato, ma, in realtà il campione non solo ha assorbito sostanze chimiche nella matrice polimerica, ma è anche già degradato. Possiamo concludere che la variazione di peso non è un buon indicatore per valutare la prestazione di un sistema epossidico durante l’esecuzione di un test della resistenza chimica.

IL TEST DELLA RESISTENZA CHIMICA: L’APPROCCIO DDCHEM
Per valutare l’effetto della variazione di peso, ddchem ha eseguito un test della resistenza chimica basato su ASTM D543. Il test ha valutato la resistenza chimica di vari agenti indurenti, trattati con la resina epossidica BADGE per 7 giorni a 23°C. Dopo l’indurimento, sono stati misurati i seguenti indicatori sul campione preparato: peso – diametro – spessore – durezza basata su normativa ISO 868 – Shore D.
I dati sono stati raccolti dopo 28 giorni di immersione in varie sostanze chimiche e confrontati con i dati iniziali. La differenza fra i dati iniziali e i dati raccolti dopo 28 giorni di test è riportata come variazione percentuale. Le Figure 3, 4, 5, 6 e 7 mostrano i dati di vari sistemi epossidici e sostanze chimiche.

Fig. 3 – Test della resistenza chimica dopo 28 giorni in acido acetico al 100% La variazione di peso media è 7%, la variazione di spessore media è 24% e la variazione della durezza media è 68%

 

Fig. 4 – Test della resistenza chimica dopo 28 giorni in etanolo al 96% La variazione di peso media è 10%, la variazione di spessore media è 4% e la variazione della durezza media è 48%

Come si può osservare, la variazione di peso è spesso un indicatore non idoneo nella valutazione della resistenza chimica di un sistema epossidico a causa dell’equilibrio fra degradazione chimica e rigonfiamento del campione.
La variazione della durezza, basata su normativa ISO 868, è spesso un indicatore migliore perché durante il test è normalmente influenzata sia dalla degradazione chimica che dal rigonfiamento. In alcuni casi, anche la variazione dello spessore è un indicatore migliore della variazione di peso.

Fig. 5 – Test della resistenza chimica dopo 28 giorni nell’acido cloridrico al 30%

 

Fig. 6 – Test della resistenza chimica dopo 28 giorni nell’acido solforico all’80%

 

Fig. 7 – Test della resistenza chimica dopo 28 giorni nell’ammoniaca al 25%. La variazione di peso media è 3%, la variazione di spessore media è 5% e la variazione della durezza media è 32%

Tutti i dati presentati nelle Figure indicano che, affidarsi ad un unico indicatore come la variazione di peso, non fornisce dati sicuri e affidabili nella valutazione della resistenza chimica. Infatti, in molti casi, la variazione di peso inferiore al 5-10% sembra indicare una buona resistenza chimica del campione, ma una variazione di durezza superiore al 40-50% per lo stesso campione indica una perdita delle proprietà meccaniche e quindi una resistenza chimica inferiore.

LE CONSIDERAZIONI A MONTE DEL TEST DELLA RESISTENZA CHIMICA
ddchem ha eseguito il test della resistenza chimica degli agenti indurenti (Fig. 8), come da ASTM D543. I campioni vengono trattati con la resina epossidica BADGE per 7 giorni a 23° C. I dati vengono raccolti dopo 7 giorni e dopo 28 giorni per poi essere confrontati con i dati iniziali. Il punteggio finale si ottiene tenendo conto delle variazioni del  campione durante il test come peso, spessore, diametro e durezza. noltre, durante il test, vengono valutati attentamente i cambiamenti negli aspetti visivi del campione, che possono variare drasticamente anche quando gli altri indicatori rimangono invariati (Fig. 9). Una variazione dell’aspetto visivo viene considerata come un dato negativo, che riduce il punteggio finale del test.

Fig. 8 – Metodo di test della resistenza chimica basato su ASTM D543

 

Fig. 9 – La variazione dell’aspetto visivo viene attentamente valutata nel test di resistenza chimica ddchem

L’approccio ddchem ai test di resistenza chimica non considera solo la variazione di peso ma si basa sulla variazione di vari indicatori. Questo approccio è più preciso e affidabile e consente una migliore valutazione della resistenza chimica di un sistema epossidico.